Introduzione
alla Civiltà dei Camuni
di Adriano Gaspani
Lungo l’arco alpino esistono numerose zone, poste a quota generalmente variabile tra i 600 e i 2600 metri, in cui è possibile rilevare una grande quantit à di incisioni rupestri, che rappresentano la testimonianza diretta dell’esistenza in quei luoghi di popolazioni ivi stanziate dalla preistoria fino all’epoca della romanizzazione e oltre.
I luoghi dove è possibile rilevare l’esistenza di roccie incise sono distribuiti dal Pinerolese in Piemonte, nella Val d’Aosta, nel Vallese e nel Cantone dei Grigioni in Svizzera, in Valtellina, lungo le pendici occidentali del Monte Baldo, sull’Altopiano di Asiago.
Esistono poi due aree particolarmente ricche in cui le roccie sono ricoperte da decine di migliaia di simboli e di figure, esse sono il Monte Bego nelle Alpi Marittime, ora in territorio francese e la Val Camonica, posta circa a mezza strada tra le citt à di Bergamo e Brescia. Nel caso del Monte Bego i petroglifi che vi si possono rilevare appartengono per lo più al periodo preistorico, mentre in Valcamonica esiste una continuit à nell’abitudine di incidere simboli sulla pietra che inizia nel paleolitico, attraversa tutta l’et à del Bronzo, l’et à del Ferro con il periodo celtico, la romanizzazione e si stende fino a coprire un rilevante segmento del Medioevo.
Le differenti epoche sono caratterizzate da stili differenti anche se la cultura che produsse questo particolare modo espressivo corrisponde, dal punto di vista geografico, ad una sola popolazione antica: i Camuni. Ma chi furono i Camuni, o Camunni come troviamo nei testi redatti dagli autori classici latini, tra i quali Strabone che li cita brevemente nel libro IV del “De Geographia” assegnando loro una stirpe retica?
Accanto alla carente documentazione scritta, si accompagna lo stato fortemente disorganico e lacunoso dei dati archeologici in nostro possesso relativi alla Lombardia e alle popolazioni che vi abitarono.
Questa sfavorevole situazione rende molto difficile ricostruire in modo articolato ed organico il quadro dell’evoluzione culturale di cui furono protagoniste, nel corso del I millennio a. C. e anche precedentemente, le popolazioni dei Vennonetes stanziati nella Valtellina, dei Camunni della confinante Val Camonica e dei Trumplini che popolarono la Val Trompia. A nord-ovest, nella zona di Chiavenna erano insediati i Bergalei, mentre un’iscrizione ci ricorda il nome dei Sabini, i quali abitavano la Val Sabbia.
Da una considerazione complessiva dei materiali archeologici attualmente disponibili, emergono con sufficiente chiarezza due fatti che sono caratterizzati da un significato complementare rispetto alle scarne notizie riportate dalle fonti scritte. In primo luogo si rileva un evidente collegamento tra i ritrovamenti sporadici e i pochi complessi organici archeologicamente noti fino ad ora in Valcamonica, con l’area culturale centro-alpina cioè con il mondo retico della valle dell’Adige. In secondo luogo si rileva una generale carenza di aspetti culturali riferibili in modo specifico all’area celtica golasecchiana o al mondo celtico lateniano della seconda et à del Ferro, fatta eccezione per quanto riguarda gli elementi di generale diffusione delle caratteristiche della cultura celtica in tutti i territori dell’Italia settentrionale.
Appare invece abbastanza evidente il perdurare degli spetti dovuti all’influenza della cultura di Halstatt di provenienza transalpina. In questo contesto culturale deve essere collocato il più importante documento archeologico tipico della cultura camuna, cioè l’arte rupestre ampiamente distribuita sulle roccie della Valcamonica.
L’arte rupestre, che utilizza come supporto una superficie rocciosa, è una delle manifestazioni artistiche più universali la quale è presente in tutti i continenti e può essere considerata la più antica forma d’arte poiché nelle sue espressioni più remote risale al Paleolitico Superiore.
Questa tecnica espressiva non è importante solo da un punto di vista artistico, ma deve essere considerata una forma di scrittura ideografica capace di codificare secondo i canoni di un codice non strettamente univoco una grande quantit à di concetti rendendoli accessibili nella loro sostanza alle generazioni future.
L’arte pittografica delle caverne si estinse alla fine dell’era glaciale con la scomparsa delle culture che l’avevano prodotta, in seguito ai consistenti mutamenti delle condizioni climatiche che cambiaronò radicalmente lo stile di vita delle popolazioni. In quel tempo l’uso di istoriare superfici rocciose non fu più limitato a dipingere le pareti interne delle caverne, ma si iniziò ad incidere la roccia utilizzando pareti di rupi, rocce e massi posti all’aperto purché fossero sufficentemente lisce per questo scopo.
Le incisioni della Val Camonica, note grazie alle scoperte effettuate dal 1930 in poi e particolarmente numerose nell’ultimo mezzo secolo, vanno considerate come la più importante e organica manifestazione di arte rupestre presente non solo lungo l’arco alpino, ma in tutta Europa.
L’esplorazione delle rocce presenti nella Valle venne iniziata per la prima volta nel 1908 dal professor Gualtiero Laeng di Brescia, che individuò i primi due massi di Cemmo. Da allora vennero fatte nuove scoperte principalmente ad opera di G. Marro, E. Suss, E. Anati, M. Mirabella Roberti, A. Priuli e tanti altri. Attualmente si conoscono in Val Camonica più di mille rocce istoriate con un patrimonio iconografico che supera le 300.000 figure e che a differenza di altri centri di arte rupestre, presenta una distribuzione cronologica molto vasta che si stende dall’epi-Paleolitico fino al Medioevo avanzato.
Intorno all’8500 a.C., si cominciarono ad eseguire con maggior frequenza opere d’arte su rocce all’aperto, utilizzando ampie superfici lisce poste in posizione obliqua od orizzontale, codificando in forma iconografica un bagaglio di importanti informazioni relativamente allo stile di vita della cultura che le produsse.
Tale fenomeno ebbe ben presto una straordinaria diffusione in ogni parte del mondo popolato dall’uomo antico.
Dopo la glaciazione di Wurm, avvenuta circa 115000 anni fa, quando ormai il processo di deglaciazione era terminato, in seguito dell’innalzamento della temperatura, le zone boschive si diffusero gradualmente salendo in quota fino a raggiungere una distribuzione poco dissimile a quella attuale.
Le nuove condizioni climatiche permisero ai cacciatori che vivevano nella pianura padana e nella fascia prealpina fino a una quota di circa 600 m. s.l.m, di spingersi ad altitudini sempre maggiori. Man mano che la distribuzione della vegetazione, formata prevalentemente da pini e betulle, si estendeva salendo in quota, anche gli animali si spostarono e insieme a loro anche l’uomo iniziò a frequentare quote più alte raggiungendo inizialmente i 1000 metri, successivamente durante il priodo Epigravettiano finale, l’antropizzazione giunse ad una quota media intorno ai 1600 metri e successivamente in alta quota, da 1800 a 2300 m. sul livello medio del mare, durante il Mesolitico.
I mutamenti climatici avvenuti dopo la glaciazione di Wurm trasformarono profondamente l’habitat di numerose specie animali e, di riflesso quindi, anche l’economia di intere popolazioni che vivevano cacciando l’orso, lo stambecco, il cervo, la volpe, l’uro.
Il disgelo spinse tali animali a cercare rifugio nelle valli di montagna, ormai libere dai ghiacci anche a quote notevoli.
Piccoli gruppi di cacciatori nomadi che formavano il primo nucleo della, cultura camuna, li seguirono, iniziando il popolamento dei nuovi territori molto ricchi di selvaggina. In questo ambiente favorevole i primi Camuni iniziarono ad incidere sulla roccia la loro storia, che si stender à per ben 11.000 anni di evoluzione storica e culturale, dal tardo Paleolitico alla dominazione romana, ma l’abitudine di incidere la pietra non sar à persa neanche in epoca medievale tanto era radicata nella mentalit à delle popolazioni camune.
Lungo tutta l’estensione della Val Camonica, da Pisogne, sul lago d’Iseo, ad Edolo, nella parte alta della Valle, si possono ammirare a cielo aperto numerose raffigurazioni le quali risultano distribuite soprattutto in particolari aree che fanno parte dei comprensori dei Comuni di Capo di Ponte, Nadro, Pescarzo, Cimbergo, Paspardo, Darfo-Boario Terme, Pian Cogno Sellero e Sonico.
Le incisioni sono state eseguite su ampie superfici rocciose di Verrucano Lombardo, una roccia arenaria modellata dall’erosione dei ghiacciai, che si presenta compatta, dura e difficilmente attaccabile sia dagli agenti atmosferici sia dai licheni.
Tale roccia risale all’et à permiana essendosi formata circa 250 milioni di anni fa e durante il Pleistocene essa subì l’azione di levigatura da parte del ghiacciaio che allora occupava l’intero alveo della Valcamonica.
Questa situazione si verificò poiché i ghiacciai alpini, avendo uno spessore di parecchie centinaia di metri, durante il loro lento movimento trascinavano in virtù del loro peso una grande massa di detriti levigando e modellando la roccia sottostante. Questa lenta, ma fortissima azione meccanica fu in grado di rendere perfettamente lisce e levigate le superfici delle roccie cosicché esse divennero il supporto ideale per l’esecuzione di incisioni.
Sulle rocce della Val Camonica possiamo leggere la storia del popolo Camuno e la conferma dell’importanza di questo enorme complesso di incisioni è data dagli studiosi e riconosciuta dall’Unesco, che le ha inserite tra i patrimoni storici, artistici e culturali da salvaguardare.
Come vedremo, su queste rocce è possibile leggere non solo le vicende storiche dei Camuni, ma anche rilevare tracce della loro struttura sociale, del loro stile si vita, delle loro concezioni religiose e, cosa molto importante nel presente contesto, siamo in grado di rivelare e mettere in evidenza le loro concezioni e le loro conoscenze relative alla scienza del Cielo: l’Astronomia.
Attualmente gli studiosi riuniscono le incisioni fino ad ora conosciute in quattro classi ben definite, sulla base dei più recenti criteri di classificazione. La prima classe comprende le incisioni a carattere simbolico, la seconda classe include le incisioni figurative di tipo realistico, la terza classe comprende le stele monumentali e la quarta classe comprende le manifestazioni di minore importanza.
Lo studio delle incisioni rupestri camune è stato in grado di mettere in evidenza come le raffigurazioni siano state eseguite in diversi modi e con diverse tecniche in accordo anche con le differenti collocazioni cronologiche peraltro sempre difficili da stabilire con certezza.
Le incisioni prodotte con strumenti litici furono ottenute prevalentemente mediante percussione diretta della roccia, cioè battendo direttamente uno strumento sulla pietra. La percusione eseguita in maniera indiretta cioè tenendo lo strumento incisore in mano e percuotendolo con un altro strumento percussore utilizzato come fosse un martello è decisamente rara.
Le incisioni ottenute mediante strumenti metallici sono rare e facilmente riconoscibili, in quanto caratterizzate da picchiettatura regolare ed uniforme.
Le incisioni filiformi e quelle tecnicamente dette a “polissoire” furono eseguite graffiando direttamente la roccia invece di picchiettarla. In questo modo si ottennero segni spesso superficiali e difficili da rilevare. Il termine “filiforme” o lineare indica il proprio il segno che, essendo sottile, assomiglia a un filo esile. Le incisioni a “polissoire” furono ottenute, invece, con il metodo di graffiare la roccia ripetutamente nello stesso punto, tanto da approfondire il graffito e creare un solco.
L’analisi eseguita sulle rocce istoriate ha portato gli studiosi ad ipotizzare l’esistenza di un processo di evoluzione dell’arte rupestre camuna articolata in alcuni periodi.
Questa è ormai un’idea assodata, ma la possibilit à di stabilire un criterio di una ripartizione univoco è tuttora oggetto di discussione e il criteri sono continuamente soggetti a revisione. Alla fine del Paleolitico e all’inizio del Mesolitico si stende quello che va sotto il nome di Periodo Protocamuno. Esso si stende grosso modo dallo 8000 a.C. al 5500 a.C. e durante questa fase cronologica le incisioni mostrano una notevole scarsit à di petroglifi figurativi, cioè quelli che rappresentano complessi di uomini e animali che danno vita a delle scene.
Se in questa fase le figurazioni sono scarse, sono invece frquenti le immagini di grandi animali, tra cui l’alce, alcuni dei quali vengono rappresentati con aste, freccie e lance, infisse nei loro corpi. Siamo di fronte ad evidenti rappresentazioni di animali colpiti dai cacciatori i quali però non vengono rappresentati sulla roccia.
Queste figure sono la chiara espressione di un popolo di seminomadi che viveva prevalentemente, se non esclusivamente, di caccia, di pesca e di raccolta di frutti spontanei che la vegetazione della valle era in grado di offrire. Durante il I e il II periodo del Neolitico, grosso modo tra il 5500 a.C. e il 3200 a.C., con la diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento, si verificò un cambiamento nella tipologia dei petroglifi sia per quanto riguarda lo stile sia per quanto riguarda i soggetti rappresentati.
Le figure risultano tracciate con poche linee sintetiche e tendono a sembrare quasi degli ideogrammi. Successivamente compaiono le prime figure di oranti, uomini in atteggiamento di preghiera, abbinate a vari simboli, compresi quelli di natura astronomica e rappresentazioni di cerimonie di culto collettivo.
Una delle possibili ragioni per cui i Camuni rappresentarono tali immagini potrebbe essere ricercata in un valore magico-religioso-funzionale attribuito a queste figure, le quali forse costituirono il risultato di un’attivit à intesa ad assicurare il buon andamento economico e sociale della tribù e una perfetta armonia con le forze della natura.
Considerate dal punto di vista morfologico, le immagini, al momento circa 300.000 note, ma in continuo aumento, sono trattate per linee essenziali, schematiche. Esse raffigurano esseri umani, animali e oggetti di uso quotidiano.
Qualche volta l’immaginazione ha prodotto la rappresentazione di esseri irreali, di tipo divino o con aspetto mostruoso, che probabilmente appartengono al regno del soprannaturale. La presenza delle figurazioni di tipo geometrico è notevole e la loro funzione è spesso di natura ornamentale, ma talvolta costituiscono lo stadio finale della loro schematizzazione. In questa fase sono comuni i simboli che possono essere connessi con il cielo e i fenomeni astronomici in esso osservabili ad occhio nudo.
Durante l’Eneolitico, noto anche come età del Rame, che si stende dal 3200 a.C. al 2500 a.C. e nella successiva et à del Bronzo che è collocata cronologicamente tra il 2500 a.C. e il 1200 a.C., si sviluppò quello che gli studiosi chiamano il III periodo camuno. In questa fase le scene complesse ed articolate prevalgono gradualmente sulle figure isolate e in queste figurazioni troviamo rappresentate molte scene quotidiane tipiche della vita del tempo.
Ora le figure diventano maggiormente descrittive e la varietà dei soggetti rappresentata diventa più ampia; compaiono scene di tessitura e di lavorazione dei metalli, la caratteristiche mappe topografiche che probabilmente potrebbero essere delle rappresentazioni oggettive della distribuzione dei campi coltivati e dell’andamento dei sentieri nel fondovalle, osservati da una postazione in quota.
In questo caso potrebbe essere molto interessante l’idea di ottenere una ricostruzione più o meno oggettiva del paesaggio antico, anche se non sappiamo a cosa servissero in realt à queste rappresentazioni, le quali però potrebbero costituire il più remoto esempio di cartografia attualmente noto.
Nella fase III della Cultura Camuna rileviamo molte rappresentazioni di scene appartenenti alla vita quotidiana in cui è possibile rilevare dei richiami al mondo divino.
Tra le scene maggiormente rappresentate rileviamo quelle tipiche dell’agricoltura, con la presenza dell’aratro e gli animali che lo trainano. Anche le scene di guerra non mancano, con le armi e i carri da combattimento tipici soprattutto dell’et à del Ferro, che anche in Valcamonica fu travagliato e ricco di lotte e contese.
Dal punto di vista rituale non mancano le scene di preghiera, con gli uomini che levano le braccia in alto e svariate probabili rappresentazioni di divinit à e dei luoghi di culto.
Le costruzioni raffigurate nella roccia, siano esse abitazioni o luoghi di culto, sono formate da tronchi d’albero e sono sopraelevate. Sul tetto, all’incrocio dei pali che costituiscono il principale motivo decorativo dell’abitazione, è spesso rapresentato un trofeo di corna bovine, mentre sotto gli spioventi del tetto, sono talvolta tracciati motivi a forma circolare che con grande probabilità potrebbero rappresentare dei simboli solari, tanto da suggerire che quelle costruzioni fossero state in realt à dei luoghi di culto.
I petroglifi rappresentano un vero e proprio linguaggio che ha il suo significato ben preciso, ma che usano un codice che è necessario ricostruire di volta in volta.
La raffigurazione di un cervo, ad esempio, potrebbe essere connessa ad un rito magico per propiziarsi la caccia, ma anche al culto dei morti e degli antenati, ma non solo, gli studiosi hanno messo in evidenza una stretta connessione tra la figura del cervo e il Sole.
La civiltà camuna raggiunse il suo apice durante l’et à del Rame e poi in quelle del Bronzo e del Ferro ed è probabile che gli abitanti della Valcamonica siano stati in grado di esercitare una certa egemonia sulle popolazioni geograficamente vicine anche per il fatto che i Camuni possedevano svariate miniere ed erano abili nel forgiare i metalli. I primi segni della decadenza della civiltà camuna comparirono durante la fase finale dell’età del Ferro, con l’occupazione romana della valle, parallelamente alle prime tracce di scrittura, generalmente redatta in un alfabeto derivato dal nord-etrusco.
Nonostante la decadenza, l’attività di incisione non si fermò nemmeno durante il 16 a.C., quando le truppe romane guidate da Publio Silio Nerva entrarono nella valle e la soggiogarono definitivamente.
L’attività di incisione continuò e le croci del cristianesimo, si sovrapposero in epoca successiva alle incisioni preistoriche, dando origine al periodo che gli archeologi chiamano “postcamuno”.
Appare molto interessante il fatto che le vallate camune sono tanto ricche di incisioni quanto povere di altri manufatti e soprattutto di necropoli.
Il primo scavo effettuato su vasta scala venne intrapreso nel 1962 nel castelliere di Dos dell’Arca, posto presso Capodiponte. Si tratta di un insediamento fortificato posto a 428 m. di quota, in cui sono state trovate testimonianze archeologiche risalenti all’et à del Bronzo e a quella del Ferro.
Nel 1981 furono eseguiti scavi nell’area del castello di Breno e fu portato alla luce un insediamento neolitico. I resti umani rinvenuti in quel luogo hanno mostrato che gli abitanti indossavano non solo pelli di animale, ma anche indumenti abilmente tessuti, possedevano armi sapientemente costruite quali le asce in pietra locale levigata o con lame in selce importata da altri luoghi e attrezzi quali punteruoli, raschiatoi e trapani.
Recentemente presso Ossimo, tra la Valcamonica, la Valle Seriana e quella di Scalve nel Bergamasco, sono state scoperte 3 statue-menhir che facevano parte di un unico complesso posto in un luogo sacro collocabile cronologicamente all’et à preistorica.
La zona in cui è avvenuto il ritrovamento è una localit à nota per il culto dei morti, ai quali si dedicavano fino ad alcuni decenni fa le processioni votive cristiane che secondo le tradizioni locali rivestivano un carattere propiziatorio ai fini del buon esito della stagione agricola.
Dal punto di vista archeoastronomico si rileva che gli oggetti del cielo sono rappresentati molto frequentemente sulla roccia sia in maniera esplicita che simbolica ed è possibile mettere in evidenza la presenza di orientazioni astronomicamente significative sia nelle numerose tracce di megalitismo presenti in valle che negli insediamenti, nei luoghi fortificati e nei luoghi sacri, soprattutto nei cosiddetti “santuari d’altura” che in questi luoghi sono molto comuni.
Un altro emigma riguarda il calendario usato dai Camuni; non è mai stato possibile ritrovarne traccia dal punto di vista archeologico. Molto tempo è stato dedicato da Adriano Gaspani allo studio di questo fatto e i risultati saranno esposti più oltre in questo libro. Siamo consci che l’agricoltura obbligò le popolazioni camune a sviluppare un calendario, ma esso probabilmente non fu mai redatto in forma oggettiva e questo sembra essere ben giustificato dalla topografia locale della valle dove i Camuni vissero e operarono.
(tratto da “La Civiltà dei Camuni” – KeltiaEditrice – Aosta)
2001